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Nei loro scritti McCarley e Hobson spiegano che in realtà non esiste alcuna base sperimentale per la teoria di Freud sui sogni: anzi come si è detto, la sua concezione è basata su conoscenza errate. .................................. Ma la critica di McCarley e Hobson si spinge più in la, e investe le basi stesse della psicanalisi freudiana, che deriva tutt'intera da un modello neurofisiologico sbagliato. Malgrado ciò, osservano McCarley e Hobson, molti psicanalisti, pur ammettendo queste difficoltà teoriche, continuano ad usare i concetti freudiani nei loro casi clinici. Altri tendono a minimizzare le implicazioni derivanti dal modello errato e rimodernarne l'armamentario concettuale. Tuttavia ciò non è possibile, dicono i due neurofisiologi americani, poichè l'infondatezza delle premesse di base ha effetti profondi sull'intero castello teorico. Non è possibile "aggiornare" il modello psicanalitico freudiano, poichè poggia su parecchi assunti scorretti che a catena ne alterano diversi altri.


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Ma, come diceva Confucio, la scenza è "sapere quello che si sa, e non sapere quello che non si sa".


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Nel 1620 duecento puritani sbarcarono a Capo Cod, in pieno territorio pawtuxet, ...







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Nessuno uccide la selvaggina per me!, disse Keen, battendosi il petto. Io uccido da me le mie prede. Sono felice di vivere solo se posso uccidere la selvaggina che riesco a scovare. E quando tendo l'arco con tutta la mia forza e pianto una freccia nel cuore della preda, sono felice. E la selvaggina di altri non è buona per me come quella che io stesso ho ucciso. Io sono felice di vivere, sono lieto della mia forza e della mia astuzia, sono contento di essere un artefice, l'artefice delle cose che mi servono. Quale altra ragione avrei per vivere? Perchè dovrei vivere se non fossi contento di me e delle cose che faccio? Ed è perchè sono contento di ciò, che vado a caccia e a pesca, ed è perchè faccio queste cose che divento sempre più forte e astuto. L'uomo che rimane nella sua tenda preso il fuoco non diventa mai forte e astuto. Non è felice quando si ciba della selvaggina che io ho ucciso, e la vita non è una gioia per lui. Egli non vive.



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Hallfred lo scaldo Molesto e Gunnlaug Linguaserpentina ....... Il poeta di Thormod dalla Fronte di Carbone.... Thorarin il Nero ... Erik Asciadisangue


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Effettivamente la storia comincia nel 982 quando un uomo chiamato Erick il Rosso, nativo dello Jaeder nella Norvegia sudoccidentale, che era stato messo fuori legge in questo paese per strage e per la stessa sufficiente, ragione era stato espulso dall'Haukaland in Islanda, fu colpito da una sentenza di tre anni di bando al Thorsnes Thing vegia e l'Islanda gli erano proibite, egli decise di far vela verso Oriente e passare il tempo trovando ed esplorando una nuova terra avvistata una cinquantina di anni prima da un navigatore norvegese, chiamato Gunnbjorn, che la tempesta aveva trascinato a sud e poi a ovest dell'Islanda.


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Immani forze distruttive li circondavano sempre; uomini e dei erano profondamente tormentati e sarebbe dovuto giungere un tempo in cui ne la saggezza di Odino né il valore di Thor li avrebbe più potuti proteggere. In Asgard la morte del buono e beneamato figlio di Odino, Balden, provoca il tradimento di Liki, rivelò al Padre di Tutto che l'ultima tremenda minaccia era imminente. La punizione di quel dio astuto, malvagio e innaturale lo mise irrevocabilmente a fianco dei giganti e della sua mostruosa progenie contro tutto quello che in Asgard era buono e bello.


294

Solo un folle passa tutta la notte in veglia a rimuginare i suoi guai. Quando arriva il mattino è sfinito e i guai sono gli stessi di prima................. Un uomo dev'essere moderatamente saggio, mai troppo saggio.


295

Non lodare il giorno fino a sera, non lodare la moglie prima della sua cremazione, non la spada prima di averla provata, la vergine prima delle nozze, non il ghiaccio prima di attraversarlo, non la birra prima di averla bevuta.


311

Edmondo Fianchidiferro


329

Sevin Barbaforcuta


333

Harald soprannominato Piededilepre


298

Il corrispondente di guerra era uno di quegli individui incostanti, che vorrebbero sempre vedere vittoriosa la parte perdente.


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La parola che ancora Effy doveva dire era <<ben>>, <<per il vostro ben>>, ma siccome la musica glielo permetteva, tra <<vostro>> e <<ben>> si fermò, si riempì i polmoni d'aria per sparare l'acuto e riaprì la bocca. Proprio in quel preciso momento il milite Tinuzzo Bonavia, che pativa attacchi di sonno tanto improvvisi quanto inarrestabili, s'addormentò di colpo, in piedi, nel posto dove faceva la guardia cioè proprio davanti la porta, socchiusa, che immetteva sul palcoscenico e nel sottopalco. Appena appinnicatosi, le mani che reggevano il moschetto s'ammollarono, l'arma sciddricò, sbatté col calcio sul pavimento, scasciò. Il botto dello sparo improvviso, amplificato in virtù d'acustica teatrale, fece saltare tutti per aria, cantanti, orchestrali, pubblico, mentre la palla sfiorava il naso dello stesso Bonavia che principiava a perdere sangue come un maiale scannato e a fare voci come l'animale medesimo un attimo prima della scanna. Senonché Effy, che aveva ormai tant'aria dentro i polmoni da far navigare una nave a vela, diede via al suo <<ben>>, una frazione di secondo dopo lo sparo. Per lo spavento, al posto del <<ben>>, ci niscì dalla gola una specie di sirena di papòre, rauca, potentissima, tanto che ad alcuni dei presenti, che avevano navigato nei mari del nord, parse addirittura la terrificante friscata che fa la balena quando viene arpionata. La signora mogliere del commendatore Restuccia. arrisbigliata nel mezzo di un sonno profondo e senza capire quello che stava succedendo, ci mise il carico da undici. Gridò. Ora il grido, la vociata della signora Restuccia non era cosa da farci scherzo: quando le dissero che la sua signora matre era morta, la moglieri del commendatore fece un grido, uno solo, ma bastò a spaccare i vetri delle case vicine. La somma dello sparo, le grida del milite ferito, il terrorizzante <<ben>> della soprano, la vociata della signora Restuccia scatenarono il panico incontrollato, anche perchè nessuno dei presenti stava guardando il palcoscenico: se l'avessero fatto, avrebbero potuto farsi conto e ragione, invece così quel tutt'insieme li pigliò di sorpresa. Tutti si susìrono dai loro posti, impressionati, poi bastò che il primo si mettesse a correre perché gli altri facessero lo stesso. Grigando, bestemmiando, vociando, piangendo, supplicando, prigando, ....................