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Un contingente imperiale che aveva cercato di rifornire di vettovaglie Marano, assediata dalle truppe di Girolamo Savorgnan, presso la villa di Muzzana cadde in un'imboscata, tesa da milizie rurali agli ordini di Camillo Coloredo, e fu messo in fuga, subendo gravi perdite. Per rappresaglia Camillo frangipane occupò dopo qualche tempo il villaggio mentre il vescovo di Lubiana e i dignitari imperiali al seguito avrebbero preferito impiccare indiscriminatamente tutti i contadini, "lui - narra il Sanudo - volle piuttosto far cavare gli occhi et ad alcuni tagliare le dita. Et così fu fatto et tutti li occhi furono portati in un bacile che erano in assai numero et li detti villani havevano fatto gran danno a Marano".


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Si chiese, come aveva fatto parecchie volte in passato, se per caso non fosse pazzo. Forse, a ben pensarci, un pazzo non era che una minoranza formata da una sola persona. Un tempo era segno di follia credere che la terra girasse intorno al sole, oggi lo era il ritenere che il passato fosse immutabile. Poteva darsi che lui fosse il solo ad avere una simile convinzione, ed essendo il solo doveva per forza di cose essere pazzo. Tuttavia non lo disturbava granchè il pensiero di essere pazzo: più orribile ancora era la possibilità che non lo fosse.



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Era più normale, più naturale, vivere momento dopo momento, accettando anche solo dieci minuti in più. E non avrebbe avuto importanza se alla fine di questo minuscolo lasso di tempo ad attenderlo ci fosse stata la tortura.



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Sciocchezze. La terra ha la nostra stessa età, nulla di più. Le cose esistono solo in quanto se ne ha coscenza.



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Era un lavoro privo di soddisfazioni, sebbene non guadagnassi un gran che,75 dollari la settimana. (anni 50...)


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<<E' un mondo marcio,>> dichiarò Latham. <<A esso si può reagire solo con la malvagità. Quella la capiscono tutti. Brucia la casa di un uomo: lui capirà. Avvelena il suo cane. Uccidi lui.>> Ronni convenne che Latham <<aveva ragione al cento per cento>>, e aggiunse: <<Ad ogni modo, chiunque tu uccidi, gli farai un piacere.>>


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Io credo nella forca. Purchè non sia io a essere impiccato.


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<<La ragione per cui il sole tramonta la sera, d'estate, e sopratutto nei parchi>> disse con foga la voce <<è di far risaltare all'occhio il movimento sussultorio dei seni delle ragazze. Sono convinto che sia effettivamente così>>


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Il suo alito era davvero puzzolente. Dopo sei mesi di massiccia cura a base di sciroppi e sciacqui al gusto di pino silvestre tornò al lavoro. Appena aprì bocca sembrò come se qualcuno avesse fatto una enorme cagata in mezzo alla pineta. Orazio Leotta



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Perchè in realtà gli uomini erano costantemente occupati a temere la propria fine: una volta per una bomba atomica, una volta per una nuova malattia, poi ancora per lo scioglimento dei ghiacci polari. Temevano la fine dell'umanità con tale preoccupazione come se da questa fine dipendesse la morte o la sopravvivenza di ognuno di loro. Erano diventati sinistri a loro stessi. Osservavano pieni d'angoscia la loro specie trasformarsi in un mostro che si nutriva smodatamente digeriva, e sembrava che aspettarsi che scoppiasse o che si autodistruggesse in qualche modo; oppure che accadesse un miracolo.


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<<Grande è il mio dolore perchè ho perso l'unica gioia della vita, la sacra forza vivificante che creava mondi intorno a me è svanita>>. Werther, Goethe.


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..... emergerà il paradosso che la retorica non dovrebbe servire al colpevole per ottenere l'assoluzione, ma per mettere il evidenza la propria colpa e liberarsi, scontando la dovuta pena, dall'ingiustizia che gli macchiava l'anima; l'innocente, d'altro canto, non dovrebbe averne bisogno affatto.


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Si pensi anche alla critica della retorica usualmente praticata nei tribunali, svalutata come una mera tecnica di sopravvivenza, analoga in tal senso a quella del pilota, o dello stratega, ma indegna dell'uomo nobile, che non al vivere il più a lungo possibile deve mirare, ma al vivere bene.


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Andai da uno di coloro che hanno la fama di essere sapienti, convinto che li meglio che altrove, con la forza dell'evidenza, avrei potuto smentire l'oracolo: &lt;&lt; vedi, questo quì è più spiente di me mentre tu avevi detto che lo ero io&gt;&gt;. Esaminando dunque costui (non occorre che ne faccia il nome, era a ogni modo uno dei nostri politici, cittadini ateniesi, che osservandolo e parlandoci insieme mi ha fatto questa impressione), mi pareva che questo individuo apparisse, si, sapiente a molti soprattutto a se stesso, ma non lo fosse realmente. Allora cercai appunto di fargli notare che si credeva sapiente senza esserlo, attirandomi così l'ostilità non solo sua ma di gran parte dell'uditorio. Nel tornarmene via mi resi conto che si, più sapiente di quell'uomo lo ero: forse nessuno di noi due sapeva alcunchè di bello e di buono, ma almeno, mentre lui riteneva di sapere: io non sapevo ma neanche presumevo di sapere: mi sembrava perciò di essere, come minimo, più sapiente di lui per il semplice fatto che , quel che non so, neanche mi illudo di saperlo. Recatomi poi da un'altro, scelto fra quelli con fama di essere più sapiente del precedente, ne ricavai la stessa impressione e anche li mi attirai l'ostilità sua e di parecchi altri.


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...E prendendo in mano, tra i loro poemi, quelli che mi parevano, più elaborati, chiedevo loro di spiegarmeli, contando fra l'altro di imparare qualcosa. Ho qualche ritegno a confessarvi la verità cittadini, ma devo farlo: quasi tutti i presenti, si può dire, commentavano meglio di loro le cose che essi stessi avevano scritto! Non mi ci volle molto a capire che anche i poeti facevano quello che facevano non per sapienza, ma per un qualche talento naturale e trascinati dall'entusiasmo, come gli indovini e i vaticinatori: i quali dicono appunto molte belle cose, senza saperne nulla. Più o meno lo stesso, mi parve, accadeva ai poeti, che per di più si reputavano i più sapienti, grazie alla loro poesia, anche di cose di cui non lo erano affatto.


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Alla fine andai dai lavoratori manuali: mentre per conto mio ero consapevole di non conoscere praticamente nulla, costoro prevedevo di trovarli in possesso di parecchie preziose conoscenze. E quì mi sbagliavo nel senso che possedevano nozioni a me ignote e in ciò erano più sapienti di me. Ma, ateniesi, scoprii che anche i buoni artigiani incorrevano nello stesso errore dei poeti (per il fatto di sapere esercitare bene la propria arte, ognuno si credeva bravissimo anche in materie di massima importanza), con una presunzione che finiva per offuscare il loro effettivo sapere:..........