Titolo

Insciallah



Pagine
795

Prezzo
15,00 €uro

Autore/i


Editore



pagina 51
... dei drusi con le ampie braghe chiuse al ginocchio per cacarci il messia che secondo i loro misteri teologici verrà partorito anzi defecato da un uomo.


pagina 145
Il vero soldato mente a sé stesso quando dice di odiare la guerra. Egli ama in modo profondo la guerra. E non perché sia un uomo particolarmente malvagio, assetato di sangue, ma perché ama la vitalità che (per quanto paradossale possa sembrare) la guerra porta dentro di sé. Con la vitalità, la sfida e la scommessa e il mistero d 'cui essa si nutre. Sul palcoscenico della gran commedia che ha nome 'pace' il mistero non esiste. Sai già che lo spettacolo si compone di alcuni atti e che dopo i1 primo atto vedrai il secondo, dopo il secondo vedrai il terzo: le incognite riguardano solo lo sviluppo della storia narrata e il suo epilogo. Sul palcoscenico della gran tragedia che ha nome 'guerra', invece, non sai mai che cosa accadrà. Che tu ne sia spettatore o interprete, ti chiedi sempre se vedrai la fine del primo atto. E il secondo è una possibilità. Il terzo, una speranza. I1 futuro, un’ipotesi. Puoi morire in qualsiasi momento, alla guerra, e in qualsiasi momento puoi restar ferito cioè venire tolto dal cast o dal recinto del pubblico. Tutto é un’incognita lì, un interrogativo che tiene col fiato sospeso, ma proprio per questo ci vibri d’una vitalità esasperata. I tuoi occhi sono più attenti, alla guerra, i tuoi sensi più svegli, i tuoi pensieri più lucidi. Scorgi ogni particolare, percepisci ogni odore, ogni rumore, ogni sapore. E, se hai cervello, puoi studiarvi l’esistenza come nessun filosofo potrà mai studiarla: puoi analizzarvi gli uomini come nessun psicologo potrà mai analizzarli, capirli come non potrai mai capirli in un tempo e in un luogo di pace. Se poi sei un cacciatore, un giocatore d’azzardo, ti ci diverti come non ti sei mai divertito e non ti divertirai mai nel bosco o nella tundra o al tavolo della roulette. Perché l’atroce gioco della guerra e la caccia delle cacce, la sfida delle sfide, la scommessa delle scommesse. La caccia all’Uomo, la sfida alla Morte, la scommessa con la, Vita. Eccessi di cui il vero soldato ha bisogno. Ne ha bisogno perché di tali eccessi egli vede i lati positivi, i vantaggi che ne ricava. Via i problemi quotidiani, gli assilli che in tempo e luogo di pace gli sembravano cosi gravi e magari lo erano: i figli da allevare, le tasse da pagare, i debiti da saldare l’esame da sostenere, l’impiego da mantenere. Via le necessità che laggiù ed allora gli parevano insopprimibili: l’aria condizionata da installare, l’automobile da cambiare, il cappotto da comprare, il molare da incapsulare, le vacanze da organizzare. Quando la morte può ghermirti in qualsiasi momento e sopravvivere è l’unica cosa che conti, il resto diventa una faccenda irrisoria. Di conseguenza il vero soldato non sa stare lontano dalla guerra, e appena trova un pretesto le corre incontro senza curarsi dei pericoli che dovrà affrontarvi, dei disagi che dovrà subirvi, delle pene che dovrà patirvi, delle infamie che dovrà compiervi. E se non vi muore, se non vi lascia un pezzo del suo corpo, tornando a casa ne avrà una nostalgia nella quale si consumerà fino al prossimo pretesto poi fino alla tomba. Non parlerà d’altro. Infastidirà i parenti e gli amici coi suoi ricordi di guerra, i suoi racconti di guerra, le sue esperienze di guerra, li annoierà con la storia del giorno in cui una fucilata lo sfioro d’un pelo, delle sera in cui una bomba gli cadde quasi addosso, della notte in cui lui e i suoi compagni si trovarono chiusi in un cerchio di fuoco sicché temevano di non vedere il sorger del sole: invece lo videro e si lanciarono al contrattacco e lasciarono sul campo i cadaveri di trecentoventi nemici. Si, nessun divertimento e nessuna avventura gli sembreranno mai paragonabili a quelli che ebbe alla guerra, e privo di lei appassirà. Ingrasserà, invecchierà. Il vero soldato e un masochista. E anche un egoista che non si preoccupa di quello che fa, delle conseguenze che i suoi gesti avranno su sé stesso o sul prossimo, e di rado si pone interrogativi morali: mentre il treno o la nave o l’aereo lo portano verso i pericoli e i disagi e le pene e le infamie che vi affronterà, egli pensa soltanto che sta andando incontro alla sua liberazione. Alleluia! I ceppi del sodalizio sociale sono tagliati, i fastidi della famiglia sono accantonati, gli sbadigli cli noia sono dimenticati, e con essi le regole che stabiliscono il bene o il male. Alleluia! Tra poco si incontrerà faccia a faccia con la Morte cioè con la Vita. E sarà in pace con sé stesso.


pagina 413
<>


pagina 625
.. il dipartimento di medicina della Johns Hopkins University di Baltimora aveva condotto a termine una ricerca sulla letalità delle armi portatili e concluso che in battaglia il numero dei morti è proporzionale al numero dei colpi sparati. In parole diverse, che ad ammazzare più nemici non è il fuoco mirato bensì l'abbondanza di fucilate. E la tesi non è piaciuta agli alti ufficiali del Pentagono i quali avevano reagito rispondendo no, è proprio il fuoco mirato che uccide, proprio il tiro scelto: un buon buon soldato non spreca pallottole.


pagina 768
Bando alle ipocrisie e alle illusioni: non sempre ma spesso i soldati si macchiano di colpe atroci. Non sempre ma spesso, e sia che vadano nudi o coperti d'una pelle d'animale, sia che indossino le uniformi gallonate d'un esercito regolare, sia che indossino quelle sommarie d'un esercito irregolare, commettono delitti tremendi. Delitti per cui chi non è soldato viene messo in galera, processato e magari condannato al capestro. Oppure giudicato pazzo e chiuso in manicomio. Cara, non ci pensavo o non volevo pensarci mentre ti scrivevo che l’uniforme è un saio, un concetto francescano, un atto di umiltà. Stanotte invece ci penso, e mi sento complice di quei delitti. Perché è vero cioè ai miei protoantropi io non ho mai insegnato ad ammazzare le monache, è vero che non gli ho mai ordinato di esercitare violenza dentro o fuori la loro caverna, però in nome della patria e d’altre belle case gli ho detto che distruggere il nemico (o colui che via via denominiamo nemico, che domani denomineremo magari amico) è diritto e dovere del soldato. Gli ho inculcato quel principio, sì. Direttamente o indirettamente gli ho raccontato che uccidere da borghesi è un reato per cui si finisce in galera e magari al capestro, uccidere da soldati è una virtù per cui si ricevono medaglie d’oro o d'argento, corone d'alloro. Gli ho dato a bere insomma che esistono due modi di giudicare il Bene e il Male: due opposti concetti del Bene e del Male.

Autore commento
data commento
04 Marzo 2017
Avevo comprato questo libro molti anni fa, avevo letto un altro suo libro che mi aveva appassionato, ma dopo le sue esternazioni sull'undici settembre l'avevo messo da parte, volevo disfamene ma poi l'ho letto. È un agile volumetto e se si superano le prime 300 pagine usate per presentare e contestualizzare gli innumerevoli personaggi il libro non è male.
Valutazione
buono