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Apologia Di Socrate


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83

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pagina 58
..... emergerà il paradosso che la retorica non dovrebbe servire al colpevole per ottenere l'assoluzione, ma per mettere il evidenza la propria colpa e liberarsi, scontando la dovuta pena, dall'ingiustizia che gli macchiava l'anima; l'innocente, d'altro canto, non dovrebbe averne bisogno affatto.


pagina 59
Si pensi anche alla critica della retorica usualmente praticata nei tribunali, svalutata come una mera tecnica di sopravvivenza, analoga in tal senso a quella del pilota, o dello stratega, ma indegna dell'uomo nobile, che non al vivere il più a lungo possibile deve mirare, ma al vivere bene.


pagina 109
Andai da uno di coloro che hanno la fama di essere sapienti, convinto che li meglio che altrove, con la forza dell'evidenza, avrei potuto smentire l'oracolo: << vedi, questo quì è più spiente di me mentre tu avevi detto che lo ero io>>. Esaminando dunque costui (non occorre che ne faccia il nome, era a ogni modo uno dei nostri politici, cittadini ateniesi, che osservandolo e parlandoci insieme mi ha fatto questa impressione), mi pareva che questo individuo apparisse, si, sapiente a molti soprattutto a se stesso, ma non lo fosse realmente. Allora cercai appunto di fargli notare che si credeva sapiente senza esserlo, attirandomi così l'ostilità non solo sua ma di gran parte dell'uditorio. Nel tornarmene via mi resi conto che si, più sapiente di quell'uomo lo ero: forse nessuno di noi due sapeva alcunchè di bello e di buono, ma almeno, mentre lui riteneva di sapere: io non sapevo ma neanche presumevo di sapere: mi sembrava perciò di essere, come minimo, più sapiente di lui per il semplice fatto che , quel che non so, neanche mi illudo di saperlo. Recatomi poi da un'altro, scelto fra quelli con fama di essere più sapiente del precedente, ne ricavai la stessa impressione e anche li mi attirai l'ostilità sua e di parecchi altri.


pagina 111
...E prendendo in mano, tra i loro poemi, quelli che mi parevano, più elaborati, chiedevo loro di spiegarmeli, contando fra l'altro di imparare qualcosa. Ho qualche ritegno a confessarvi la verità cittadini, ma devo farlo: quasi tutti i presenti, si può dire, commentavano meglio di loro le cose che essi stessi avevano scritto! Non mi ci volle molto a capire che anche i poeti facevano quello che facevano non per sapienza, ma per un qualche talento naturale e trascinati dall'entusiasmo, come gli indovini e i vaticinatori: i quali dicono appunto molte belle cose, senza saperne nulla. Più o meno lo stesso, mi parve, accadeva ai poeti, che per di più si reputavano i più sapienti, grazie alla loro poesia, anche di cose di cui non lo erano affatto.


pagina 113
Alla fine andai dai lavoratori manuali: mentre per conto mio ero consapevole di non conoscere praticamente nulla, costoro prevedevo di trovarli in possesso di parecchie preziose conoscenze. E quì mi sbagliavo nel senso che possedevano nozioni a me ignote e in ciò erano più sapienti di me. Ma, ateniesi, scoprii che anche i buoni artigiani incorrevano nello stesso errore dei poeti (per il fatto di sapere esercitare bene la propria arte, ognuno si credeva bravissimo anche in materie di massima importanza), con una presunzione che finiva per offuscare il loro effettivo sapere:..........


pagina 151
....Vero è che tipi del genere mi è capitato di vederne spesso a giudizio, che pur godendo di una certa reputazione fanno cose incredibili, perché s'immagina di subire morendo qualche pena terribile: quasi fossero destinati all'immortalità se non li mandate a morte voi.