Sidonio Apollinare, che vi capitò alcuni anni dopo, così descriveva Ravenna - E' un pantano dove tutto va all'incontrario: i muri precipitano, le acque ristagnano; le torri affiorano e le barche si arenano; i bagni gelano e le case s'infuocano; i vivi muoiono e i morti galleggiano; i ladri vegliano e le guardie dormono; i preti esercitano l'usura e gli usurai cantano i salmi; i mercanti imbracciano armi e i soldati fanno commercio; gli eunuchi studiano l'arte della guerra e i guerrieri barbari studiano la letteratura. E' una città di terra che non possiede che acqua e la cui popolazione originaria è composta solo di zanzare e ranocchi.
Il popolino affamato si abituava sempre di più a vivere di elemosina, fidando unicamente sulla generosità dei signori: un carattere che Roma da allora non ha ancora perso.
E' un po' il destino di tutte le religioni. Le quali chiedono per sé la libertà di organizzarsi, in nome dei principi laici; eppoi, una volta organizzate, la rifiutano agli altri, in nome dei propri dogmi.
In tutti i paesi e in tutti i tempi la fellonia, il tradimento e lo spergiuro allignano. Ma solo in un paese privo d'etica aristocratica e militare come l'Italia potevano essere codificati in una "guida" alla politica di un principe.